Cosa significa per te "Essere Divergens"?
Per me significa prendere la vita a morsi con tutte le sue sfaccettature belle e brutte. Non appiattirmi mai, non arrendermi e non accontentarmi anche quando sarebbe la soluzione più facile, darmi sempre una possibilità di essere nuova, di reinventarmi, cambiare strada, cambiare idea, mettermi in discussione, essere aperta alle sfide, seguire l’intuizione e le opportunità della vita, con l’obiettivo di non darmi mai per scontata così come sono ed evolvere continuamente.
Quale pensi che sia il principale avversario da combattere per un Divergens?
Gli autosabotaggi! Perché la razionalità e le convenzioni sociali ti poterebbero a dire “ ma chi me lo fa fare?” ma tu sai che dentro di te non vuoi cedere a questo compromesso.
Qual è l'esperienza più Divergens che hai fatto nella tua vita e/o nel tuo lavoro?
Sono diventata Divergens a 9 anni quando ho scoperto di avere una malattia cronica piuttosto sfidante ma ho scelto di non arrendermi e di prendere in mano la mia vita. Più avanti da adulta il mio momento Divergens è stato diventare libera professionista come consulente d’immagine, un salto professionale che non avrei mai detto e una riscoperta del tema estetico che ha riscattato molte ferite della me bambina.
In che modo cerchi di contagiare chi ti sta intorno a diventare Divergens?
Con il mio esempio in primis, a costo di sembrare “quella strana che ne ha sempre una in testa”. Poi essendo diventata anche Coach, cerco di motivare le persone a oltrepassare l’asticella della paura e della confort zone, a pensare che ogni situazione può sempre cambiare e che ognuno di noi può guidare la propria vita come desidera.
Cosa ritieni che possa frenare maggiormente le persone a essere Divergens?
La mentalità e il contesto culturale che ci circonda, che hanno definito ruoli, categorie, tempi e modi ben delineati da cui uscire diventa un azzardo se non addirittura una colpa. E anche l’incapacità di saper riconoscere le proprie risorse e potenzialità e metterle a frutto.
E le aziende?
Strategie ingessate partorite da mentalità imprenditoriali statiche, chiuse al confronto ed egoiche, ma anche la smania del consenso, il time to market e la corsa ai risultati ad ogni costo … mentre secondo me un approccio Divergens richiede tempo di sperimentare, mindset di collaborazione, e orientamento alla crescita, non solo ai risultati.
E le istituzioni?
Direi la politica, gli interessi economici, le alleanze di comodo, e come sempre una mentalità che non guarda più in là del proprio interesse (non solo economico).
Ci sono dei modelli culturali di Divergenza che andrebbero insegnati a scuola? Se sì, quali?
Sì credo proprio sia urgente. La cultura è uno strumento di libertà e va certamente tutelata ma devono cambiare le modalità di formazione, più inclusive e interattive, e i programmi, meno didattici e più personalizzati in base alle attitudini che lo studente vuole sviluppare. Vanno integrati molti più momenti di supporto per l’orientamento, il coaching e il supporto psicologico ed emozionale, oltre che contenuti che affrontino le tematiche urgenti degli adolescenti.
Qual è il retaggio culturale che cancelleresti con un colpo di spugna, se ne avessi l'opportunità?
Il posto fisso come meta personale e professionale.
Qualcuno un giorno scrisse «Se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi». E se vogliamo che tutto cambi davvero, invece, cosa non dovrebbe rimanere com'è?
A livello di società e organizzazione troppe cose dovrebbero cambiare ma se devo trovare un denominatore comune che davvero può fare la differenza, è iniziare a prenderci ognuno la responsabilità personale del cambiamento.