L’ONU ha dato a tutti noi un compito ben preciso: lavorare e impegnarci quotidianamente per raggiungere gli obiettivi dell’agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile. Certo, le aziende e i governi hanno sicuramente molto su cui lavorare ma anche noi singoli cittadini, nel nostro piccolo, possiamo fare qualcosa: prendere consapevolezza di quali siano le azioni concrete da applicare nella vita di tutti i giorni è sicuramente un primo passo per iniziare a perseguire gli obiettivi. A questo scopo noi abbiamo creato il format di eventi Call To Action: serate in cui, proseguendo seguendo lo schema dei 17 obiettivi, ascolteremo storie di chi può lasciarci uno spunto per metterci al lavoro dalla mattina seguente.
Durante il secondo appuntamento abbiamo affrontato l’obiettivo 3 “Salute e Benessere” e l’obiettivo 12 “Consumo e Produzione Responsabili”.
Questa volta ad aiutarci a scattare un’istantanea del concetto di sostenibilità inteso in senso ampio abbiamo avuto sul palco l’avvocato Alecsia Pagani. Nei supermercati, nei negozi e nelle pubblicità vediamo sempre più diffusi bollini verdi marchi e simboli che rimandano alla natura ma che, spesso, rientrano nella categoria del cosiddetto green washing piuttosto che attestare una vera certificazione di sostenibilità, grazie all’esperienza di Alecsia abbiamo potuto iniziare a capirne di più.
La sostenibilità è diventata nel tempo sia un drive di acquisto sia una leva competitiva quindi, a livello europeo sono state introdotte delle direttive che cercano da un lato di rendere più responsabili gli imprenditori chiamati a certificare ciò che dichiarano e dall’altro di tutelare i consumatori rispetto al rischio di ingannevolezza. Nasce quindi un nuovo legame tra comunicazione e marketing con gli aspetti legali: tutti vorrebbero potersi definire sostenibili ma a livello legale è necessario certificarlo, in particolare, secondo la direttiva attuale, le espressioni generiche non sono più ammissibili e ci devono sempre essere dei dati a supporto certificati. Inoltre, con le direttive attuali si stanno ponendo le basi per l’ampliazione del concetto di sostenibilità che non riguarda più solo le questioni ambientali ma fa riferimento anche ad aspetti sociali.
Un esempio lampante di best practice in tema di sostenibilità è sicuramente rappresentato dalla Candiani S.p.a., azienda che nasce nella zona del parco del Ticino e che, proprio grazie al legame con il territorio, inizia il suo viaggio nel mondo della sostenibilità. Simon Giuliani attuale Global Marketing Director ci racconta come, nel momento in cui il parco diventa una riserva naturale, l’azienda necessariamente s’impegna per adattarsi alle regolamentazioni del parco.
Attualmente, a causa della sovrapproduzione nel settore della fashion Industry, il prezzo diventa fondamentale per riuscire a vendere gli eccessi, per chi è rimasto a produrre in Italia tutto sta nell’innovazione cercando di creare un prodotto unico alzando il livello della competizione da una questione di prezzo a una di innovazione. “Questa è una grande opportunità per l’Italia, è l’ultimo treno che sta passando per avere un vantaggio competitivo”. In particolare, Candiani, tra le sue tante iniziative, per cercare di portare la cultura della qualità al consumatore, portare avanti un modello di produzione on demand e fare la sua parte nel processo di decarbonizzazione della supply chain, ha aperto in piazza Mentana a Milano una microfactory ovvero un impianto industriale reingegnerizzato per uno spazio boutique per permettere al cliente di personalizzare il jeans come desidera e poi ordinarlo direttamente. Inoltre, sempre in ottica di produzione e consumo sostenibile la Candiani s.p.a. è riuscita negli anni a creare il primo tessuto elasticizzabile biodegradabile e compostabile al mondo: Coreva, prodotto con il quale hanno segnato la storia dell’innovazione nel mondo della fashion Industry.
Infine, per parlare di salute e benessere grazie ad Antonio Incorvaia, Digital Strategist & Employer Branding Consultan, abbiamo potuto fare un focus sul tema delle ripercussioni che le app di dating hanno sulla salute mentale di chi le utilizza, un tema ancora poco trattato nel nostro paese ma sul quale il dibattito è già aperto nel resto del mondo. La salute mentale è infatti parte dell’agenda 2030 ma purtroppo non viene molto approfondita e per questo, abbiamo invece deciso si indagare il tema a partire dal paper scritto da Antonio che potete scaricare qui.
La ricerca parte naturalmente da alcuni dati tra cui uno dei più ecclatanti è che il 32% delle donne su queste app al primo approccio riceve foto esplicite non richieste mentre, il 40% viene insultata nel momento in cui esprimono un rifiuto. Questi e molti altri comportamenti che possiamo definire tossici producono quindi un alto livello di frustrazione nell’user che fatica quindi a creare connessioni di valore, allo stesso tempo però molti studi hanno sottolineate il livello di dipendenza creato da queste app, il risultato, di conseguenza, è che le persone non sentendosi accettate iniziano a falsificare le loro informazioni per sentirsi più desiderati. Nascono quindi all’interno di queste applicazioni comportamenti tossici come il ghosting, lo zoombing, il submarining il catfishing e il love bombing e delle personalità ricorrenti come i narcisisti, i passivi aggressivi, i vittimisti e i moralisti.
Oggi la salute mentale comprende tutto ciò che attraversa la nostra vita e può influire sulla nostra psiche. Eppure, quando riconosciamo una difficoltà, spesso ci sentiamo dire 'il problema è tuo', a differenza di quanto accade quando a chiedere aiuto è qualcuno che si è fatto male fisicamente.
Queste riflessioni, in conclusione, non sono solo un esercizio teorico, ma una spinta a trasformare idee e consapevolezze in azioni concrete. Che si tratti di scegliere con più attenzione i prodotti che acquistiamo, sostenere modelli produttivi più virtuosi o promuovere il dialogo su temi ancora troppo spesso trascurati come la salute mentale, ciascuno di noi può fare la propria parte. Lavorare per un futuro sostenibile richiede infatti la collaborazione di tutti: istituzioni, aziende e cittadini. E come ci hanno dimostrato i nostri ospiti, il cambiamento è possibile se ognuno di noi si impegna a fare il primo passo, ogni giorno.